La crisi del capitalismo

Spesso di parla del debito pubblico italiano in modo allarmante. Esso ammonta a più di un migliaio di miliardi di euro. Nel grafico seguente si può vedere come, quello accumulato dal settore pubblico e soprattuto privato negli Stati Uniti, sia di gran lunga maggiore (il dato è in migliaia di miliardi di dollari).

Per sostenere la crescita economica e quindi dei consumi, per finanziare la guerra in Iraq e in Afghanistan, i banchieri americani hanno per anni tenuto i tassi di interesse molto bassi, spingendo i cittadini a riempirsi di debiti per acquistare ogni genere di merce.
Questi debiti sono stati poi venduti in giro per il mondo ad altre banche ed assicurazioni, coinvolgendo l’intero sistema economico globale.
Qualcuno ipotizza che vi sia una strategia occulta dietro questa manovra (si veda ad esempio la parte di questo video relativa all’economia).
In ogni caso, è opinione diffusa che ci troviamo di fronte ad una crisi che può essere paragonata a quella del 1929, nota come Grande Depressione. I primi effetti iniziano a farsi sentire proprio negli Stati Uniti, dove le persone che hanno perso le loro abitazioni, incapaci di pagare i debiti contratti, iniziano ad affollare le tendopoli ai margini delle grandi città.
I banchieri cercano con manovre finanziarie di evitare il collasso, ma il loro tentativo è destinato a fallire.
Immaginiamo di costruire un grattacielo, per il quale il progettista abbia fatto l’assurda ipotesi che il terreno possa reggere un numero infinito di piani. Si arriverà ad punto tale che la costruzione inizierà a vacillare, fino ad implodere sotto il suo stesso peso.
I “progettisti” del capitalismo avevano ipotizzato che sarebbe stato possibile incrementare i consumi (il famoso PIL) all’infinito.

Il nostro pianeta è però finito: è limitata la quantità di petrolio, di gas, di grano, di terreno che abbiamo a disposizione.
Riflettendo, una considerazione del genere appare banale, ma grazie al totale controllo dei mezzi di comunicazione, chiunque abbia osato contraddire gli adoratori del PIL è stato messo a tacere.
A questo punto, dato per scontato che non c’è modo per riparare questo strano meccanismo, ci si chiede cosa possa accadere al cittadino medio.
Per capirlo, occorre forse fare un passo indietro negli anni, fino al 1929.
Fu un periodo difficile, in cui vi era grande disoccupazione e aumento dei prezzi. Negli Stati Uniti si uscì dalla crisi attraverso la creazione dello stato sociale (oggi demolito negli USA), seguendo le orme dell’economista Keynes, e attraverso la realizzazione di opere pubbliche, che avevano come scopo principale quello di creare lavoro, eliminato dall’automazione dei processi industriali, anche a costo di fare dei fossi per poi riempirli di nuovo.
Una soluzione del genere credo che questa volta non sarebbe applicabile, visto che presupporrebbe una ulteriore crescita dei consumi energetici e di materie prime, non sostenibile, visto che si sono raggiunti quei “limiti dello sviluppo” di cui si parlava già negli anni ’70.
In alcuni paesi europei invece, come l’Italia e la Germania, l’incapacità di dare soluzioni ai problemi sociali e la volontà di bloccare l’avanzata dei partiti socialisti, portarono le classi dominanti a sostenere i regimi fascisti e nazisti, che condussero alla Seconda Guerra Mondiale.
In questo contesto dovrà operare il prossimo governo italiano. Sia Veltroni che Berlusconi, con piccole varianti, tenteranno di tenere in piedi questo castello in rovina, magari facendo un governo assieme, come in Germania.
Personalmente, credo che sia ora di voltare pagina, in modo netto, ripensando ad una società più giusta, in cui torni ad essere al centro l’Uomo, oggi ridotto più che mai ad un ingranaggio, come quelli mostrati da Chaplin in “Tempi moderni”.

~ di Giuseppe su marzo 15, 2008.

Lascia un commento